Back to black - Corti d’a(u)t(t)ore per Teatro Bravòff
- 00:07
- By Una, la spettatrice itinerante
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Ci siamo chiesti quanto pesasse l'anima. E l'assenza?
Quanto pesa dentro noi l' a s s e n z a?
L'assenza è tutto ed è niente. Bianco e nero. E di questo niente e di questo tutto si è parlato a lungo durante lo spettacolo dedicato ai 'Corti d'A(U)t(T)ore'. Quattro corti originali e sperimentali a cura della Compagnia Notterrante (Mariella Soldo, Barbare De Palma) sempre attenta ai nuovi linguaggi teatrali. Storie fuori dal coro scritte da quattro giovani drammaturghi (Luigi Biancoli, Rosa Cinquepalmi, Francesca Citarella, Carmine Mangone) ed interpretate da quattro talentuosi attori per la prima volta sulla scena (Eugenio Guadagno, Anna Piscopo, Roberto Ranieri, Myriam Scaligna).
Una sfida alla drammaturgia breve brillantemente superata.
Ogni microstoria comincia in fieri. Ci si ritrova catapultati 'nel bel mezzo della storia'. C'è solo il presente nella sua cruda immediatezza. Personaggi particolari, a volte bizzarri ed enigmatici, popolano il palco. La parola 'assenza' viene vivisezionata in ogni sua accezione. Si comincia dalla morte di una persona, da una mancanza, per passare poi alla solitudine, alla lontananza, al dolore, all'apatia fino all'urgenza di amare, alla fame dei corpi.
Per primi ritroviamo sparsi sul palco una serial killer, una portinaia, un pedofilo e un travestito. Quattro perfetti sconosciuti si incontrano per caso al funerale di Amy Winehouse. I corpi si agitano nervosamente al ritmo di musica elettronica, sembrano non aver pace, ognuno sembra chiuso in se stesso tra le pareti delle proprie nevrosi. I movimenti sono legnosi e meccanici nonostante la musica techno li inviti a scrollarsi di dosso le proprie ansie. Le frasi sono nevrotiche, frammentate. Ogni personaggio oscilla tra la voglia di raccontarsi ed esser libero e la paura di soffrire raccontando troppo di sé. Qualche personaggio parla al pubblico guardandolo negli occhi, in silenzio. Altri attorcigliano il filo del microfono e lasciano che le canzoni di Amy Winehouse parlino per loro: 'And life is like a pipe and I'm a tiny penny rolling up the walls inside.' Un'icona di Amy Winehouse, raffigurata nelle sembianze di una Madonna Addolorata, oscilla sulle teste dei protagonisti del corto. Il senso di questa serata è tutto riassunto in quell'opera dell'artista Vicki Berndt che mischia sacro e profano: Amy ci guarda dall'alto mentre trattiene tra le mani il suo cuore trafitto, sembra volerci dire che ci vuole un gran coraggio ad esternare la propria sensibilità.
Pian piano ci si rende conto che queste sono storie che non si fermano alla sola rappresentazione teatrale, ma che si insinuano lente dentro lo spettatore. Sono segnali di fumo da interpretare. Le si potrebbe analizzare centinaia di volte, dai diversi punti di vista di ciascun personaggio, il loro significato cambierebbe sempre. Sono le storie di personaggi impossibilitati ad agire, rinchiusi nei propri lager mentali, che smuovono la mente dello spettatore portandolo a riflettere sulla propria identità e a guardarsi dentro.
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black.
Un viaggio introspettivo nei meandri bui del nostro essere. La solitudine è disabilità, la tristezza è come uno psicopatico che non lascia via di fuga, ce lo ricorda 'Handikapplager' con i suoi protagonisti, reclusi, che si aggrappano alle sbarre della propria cella invocando libertà. E' come se vivessimo rinchiusi in una scatola di cartone e riuscissimo a risvegliarci e a trovare un senso solo grazie all'amore. Pasifae, protagonista del corto 'In me si ama la scatola, Pasifae', sembra ricordarcelo. Accecata dal desiderio invita gli spettatori a cogliere l'attimo perché 'il tempo non viene più'. Presto la donna si spoglia della sua giacca militare, metafora del suo rigore interiore, per abbandonarsi tra le braccia del Minotauro, suo figlio. Il corpo diviene parola. Un incesto che è pura provocazione. Due corpi se ne stanno distesi, accovacciati nell'ombra, a godere, a respirarsi un po', ad annebbiare per un attimo le reciproche assenze. Non esiste immagine migliore per rappresentare l'amore come quella del Minotauro che racchiude in sé la forza animale, la passione e l'immagine stessa del labirinto. Perché l' Amore è piacere ma può aggrovigliarsi e divenire smarrimento, perdizione e perdita.
La stessa parola passione, d'altronde, deriva dal latino 'patior' che significa 'soffrire'.
Ce lo ricorda anche l'ultimo corto, 'Eva-Adamo =!', che racchiude l'immagine più forte e poetica di tutta la serata: un ragazzo e una ragazza sono seduti l'uno di fronte all'altro, oscillano come un'altalena come per trattenersi, allontanarsi, respingersi, avvicinarsi e separarsi ancora. Sembrano due barche, vicinissime eppure tanto lontane, che se ne stanno ferme a galleggiare, nello stesso angolo di mare mentre il sole tramonta.
Ci vuole coraggio a parlare di assenza, in questa società liquida in cui 'people always leave', la gente in un modo o nell'altro parte. Se ne va via. Sempre.
Corti d'autore si è rivelata una gran bella scoperta. Un progetto che si evolve ancora contaminando più generi. Un esempio? Il testo del corto di Carmine Mangone, 'In me si ama la scatola, Pasifae' è stato pubblicato dalla Maldoror Press ed è scaricabile gratuitamente al seguente link: http://
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